L’introduzione della legge n. 24 del 2017, c.d. Legge Gelli, recante Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie” nasce dalla volontà del legislatore di tutelare al massimo il diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione e di definire gli ambiti di responsabilità in capo al personale medico e alla singola struttura ospedaliera.

In particolare, l’art. 6 della legge evidenzia la “responsabilità dell’esercente la professione sanitaria”, andando ad integrare il codice penale con l’art. 590-sexies che, limitando il campo di applicazione della norma sulla responsabilità, esclude la punibilità del medico qualora, in caso di evento dannoso causato da imperizia, “sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alla specificità del caso concreto”.

L’articolo 7 invece, stabilisce la responsabilità della struttura sanitaria, sia essa pubblica o privata, “che si avvalga di esercenti la professione sanitaria anche non dipendenti e/o scelti dal paziente” per il fatto doloso o colposo di questi, ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c..

Si evidenziano dunque due “tipi” di responsabilità diversi. Contrattuale in capo alla struttura ed extracontrattuale in capo al medico, con le differenze (in termini, ad esempio, di prescrizione) contemplate dal codice civile per i due casi.

Per far fronte alle situazioni in cui si configuri una responsabilità, la legge Gelli prevede l’obbligo per le ”strutture sanitarie pubbliche e private (che) devono essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe misure per la responsabilità civile verso terzi e verso i prestatori d’opera, anche per i danni cagionati dal personale operante presso le strutture a qualunque titolo, anche in regime di libera professione intramuraria o in convenzione con il SSN”.

La legge, prevede altresì che l’assicurazione professionale, sia dotata di efficacia retroattiva (10 anni) ma anche che questa sia in grado di produrre effetti fino ai 10 anni successivi alla cessazione della stessa in caso di contemporanea cessazione dell’attività da parte del medico. L’obiettivo è quello di tenere indenne il medico anche qualora si abbia evidenza del danno in un periodo temporalmente distante rispetto al trattamento prestato.

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